La storia
Il comune scomparso
Mortano oggi è un rione di Santa Sofia, un rione storico, ma fino al 1923 entità comunale autonoma “scomparso” dalla mappa amministrativa nazionale, dopo il regio decreto del 30 dicembre 1923 (pubblicato il 25 gennaio 1924) quando il cavalier Benito Mussolini, fresco presidente del consiglio, abolì diversi “mini comuni” romagnoli e non solo (oltre a Mortano, Sorbano e Teodorano) aggregandoli rispettivamente a S. Sofia, Sarsina e Meldola. I territorio del soppresso comune di Mortano fu suddiviso tra Galeata, Civitella e S. Sofia. In più, nella riorganizzazione territoriale ed amministrativa più complessiva, tutti i territori della ex Romagna toscana (ad esclusione di Marradi e Firenzuola) transitarono dalla provincia di Firenze a quella di Forlì. Altri tempi, ma il decisionismo di Mussolini – allora a capo di una coalizione e non ancora dittatore – sottoscrisse il decreto di riordino dopo che per decenni se ne era discusso in tutte le salse e a tutti i livelli. Difatti Mortano, pur comune antico e autonomo, da decenni aveva subito l’attrazione del vicino e più forte magnete santasofiese. Economia, popolazione, rappresentanza politica e culturale tutto propendeva per una aggregazione che, a causa di lotte intestine e difese corporative che risalgono al 1861, tardò a venire.
Mortano comune autonomo
Mortano, come scrive Emilio Rosetti nel suo fondamentale “La Romagna. Geografia e storia” apparteneva, nel 1895, al mandamento di Meldola, già di Civitella, circondario e provincia di Forlì, diocesi di Sarsina, Bertinoro e Borgo San Sepolcro. Una superficie in gran parte montuosa di 5.320 ettari e 1984 abitanti diffusi in 11 centri o frazioni (Mortano, Bucchio, Buggiana, Cigno, Collina di Pondo, Crocedevoli, Raggio, San Giacomo di Meleto, Seguno e Spinello) di cui quest’ultimo era il più popoloso con ben 665 residenti. Mortano centro registrava solo 183 abitanti, di fatto un sobborgo di Santa Sofia. Il blasone del comune di Mortano di Pondo (ubicato sulla destra orografica del fiume Bidente) era decisamente più antico rispetto a quello santasofiese. Era appartenuto allo Stato della Chiesa fino all’Unità d’Italia mentre S. Sofia era stato governato dai Medici, dai Lorena nel Granducato di Toscana, appartenente al Dipartimento dell’Arno (mentre Mortano era inserito nel Dipartimento del Rubicone) e che diventerà poi comune autonomo solo nel maggio 1811 proprio grazie all’amministrazione napoleonica, con il distacco da Galeata. Addirittura nel 1828 il comune di Mortano era denominato Pondo perché la Rocca di Pondo (oggi rudere nel popolo di Collina di Pondo) ne fu all’inizio il centro amministrativo.
Le guerre feudali
Le lunghe guerre feudali e soprattutto i ciclici terremoti (in particolare quello distruttivo del 1661) convinsero gli Aldobrandini (succeduti ai Malatesti di Sogliano e, a loro volta, agli Ubertini nel governo del feudo) a scegliere il castello di Mortano come residenza di famiglia e centro amministrativo. Dalle origini incerte Mortano (forse proedium romano) accolse i discendenti del celebre Uguccione della Faggiola, una famiglia ricca e potente originaria della vicina Arezzo e che è risieduta a Mortano fino alla estinzione alla fine dell’Ottocento. Notizie documentate non esistono, ma l’ultimo erede della famosa famiglia, Ilario Fabbri della Faggiola, morto nel 1859 e sepolto nella chiesa del Crocifisso a S. Sofia, un indizio ma nulla più. Pondo è descritto nella Relazione del cardinale Anglico de Grimoard del 1371, il castello fu distrutto nel 1401 dal capitano della Repubblica di Firenze Jacopo Salviati e qui passarono nella primavera del 1527 le truppe di Carlo V, guidate dal connestabile di Borbone alla volta del sacco di Roma, ci fu un tentativo di assedio, uno scontro con qualche morto e nulla di più perché le truppe mercenarie dei Lanzichenecchi sfogarono la loro rabbia in quel di Corzano che venne completamente distrutto. Alla fine del Cinquecento il castello di Pondo era quasi completamente distrutto e alla fine del ‘700 il feudo fu concesso a Giovanni Andrea Pamphili Doria Landi. Nasce la comunità di Pondo – Mortano con il trasferimento della giurisdizione amministrativa proprio in quel di Mortano dove la sede comunale fu ubicata in vari locali ubicati nelle attuali piazza Mortani ed in via Spinello.
Edifici di confine
Il contrabbando era facilitato dalla stessa conformazione degli edifici di confine. Valga per tutti il palazzo della famiglia Fontana (oggi non più esistente) diviso a metà per secoli tra Stato della Chiesa e Granducato di Toscana, una linea di confine che attraversava il palazzo e le stanze stesse. Bastava cambiare stanza e si transitava in un altro stato dove si doveva usare sale di Volterra (se in Toscana) o quello delle saline di Cervia (se nello stato papalino). Così come era necessario vergare i documenti notarili affidandosi solo a funzionari abilitati nello stato prescelto. Forte era pure il contrabbando dalla Toscana di panni lini, lani e cotonati per sfuggire alle “arditissime e fortissime gabelle pontificie”. Il toponimo Cà di ledre (ancora oggi in uso e che si riferisce ad un gruppo di case in fondo alla via Spinello) rimanda ad un altro aspetto della vita al limite in questi luoghi border line. Così scrive il Mambrini: Nell’anno 1548 Mario e Giovanni di Salvatore, Paolone ed Angelino, Simone di Biagio e Vivo di Giovanni tutti di Raggio, podesteria di Galeata, espongono al Duca di Firenze che stando essi fuori del suo dominio circa mezzo miglio, in quello del conte Giovanni Battista da Sogliano, quando vogliono andare al mulino, al castello, alla ragione (giustizia) devono passare per case, ville, e ridotti dove si raccolgono uomini armati di detta corte banditi dal territorio toscano. I ridetti popolani di Raggio chiedono il premesso di portare le armi per difendersi, nel caso che detti banditi ed altri volessero offenderli. La località in parola corrisponde a quella che anche oggi si chiama Cà de’ Ladri.
Tra ladri e osterie
Tra ladri e banditi il confine è incerto, ma questa zona era l’ultimo avamposto abitato prima che la strada verso Spinello cominciasse a salire attraversando il guado sul Rio Pondo. Qui fino a poche decine d’anni fa c’erano a Mortano ben tre osterie, la più antica delle quali era quella di “Giona”. E’ rimasta aperta fino a metà del 1970, un’osteria classica dove si andava con il cibo che si consumava nei lunghi tavoli di legno acquistando in loco il vino. Le ultime osterie che hanno chiuso sono state quelle di “Patruno” sempre a Cà di Ledre e quella della famiglia Amadori in piazza Curiel.
Banditi, ladri e disertori erano frequente in questa zona di confine e le loro mala gesta erano facilitate proprio da numerose vie di fuga verso i monti di Spinello o in direzione del Carnaio e della Foresta della Lama.
I banditi più noti in Romagna nel corso dell’Ottocento – Stefano Pelloni detto il Passatore , di Lisagna al secolo Angelo Lama e di Giuseppe Afflitti conosciuto come Lazzarino – non hanno fatto mancare la loro presenza nella comunità di Mortano dove la scarsa presenza della forza pubblica facilitava le loro malefatte.